In occasione della Giornata della Memoria, lo scorso 27 gennaio a Fossano, presso la Sala Consiglio, la scrittrice Anilda Ibrahimi ha parlato di come il popolo albanese salvò gli ebrei durante la Shoah.
Pubblichiamo, qui di seguito, il testo del comunicato inviatoci al proposito da parte dell’Amministrazione Comunale fossanese.
Il 27 gennaio, alle ore 21.00 presso la Sala Rossa del palazzo Comunale, si è svolto l’incontro con la scrittrice albanese Anilda Ibrahimi in occasione delle celebrazione per la Giornata della Memoria.
Il folto pubblico presente ha avuto modo di conoscere una parte delle storia albanese sconosciuta ai più e solo recentemente oggetto di ricerca.
La scrittrice ha infatti narrato che l’Albania fu l’unico paese europeo durante gli anni 1930-1944 che diede ospitalità e protezione ai profughi ebraici fuggiti dalla persecuzione nazi- fascista, mentre nel resto dell’Europa si diffondevano e si applicavano le leggi razziali e le pulizie etniche. Il re Zog infatti, in accordo con le principali ambasciate europee, si era reso disponibile a fornire visti in entrata a tutti gli ebrei che ne facevano richiesta. Una volta entrati i fuggiaschi ebrei si salvarono grazie al codice d’onore “Besa” che li occultò prima alle blande ricerche degli italiani e poi alle vere e proprie cacce dei nazisti. La vicenda è emersa grazie alla mostra intitolata “BESA: A Code of Honor – Muslim Albanians Who Rescued Jews During the Holocaust” del fotografo ebreo Norman H. Gershman, che venne presentata per la prima volta al pubblico nel novembre del 2007 presso il museo Yad Vashem a Gerusalemme.
“Besa” è una nobile promessa morale vincolata da scelte basate su un senso alto dell’onore e della giustizia umana. È un concetto che si stabilisce sull’antico codice albanese della virtù che impegna ogni albanese a prestare aiuto a chiunque si trovi in situazioni di necessità a prescindere dal suo status culturale, religioso, etnico, sociale, di genere, di età, ecc. “Besa” incorpora dentro sé un iter socio-culturale ancora più complesso e arcaico facendo parte delle leggi non scritte del Kanun albanese (Canone) che è stato rispettato e trasmesso oralmente da generazione in generazione.
Solo nel 1938 in Albania erano stati ufficialmente registrati circa 300 ebrei albanesi e forse 100 ebrei stranieri. Gli ebrei stranieri (circa 800 secondo la stima del 1943) provenienti da Austria, Germania, ma anche dalla Polonia, Bulgaria e Jugoslavia, venivano nascosti, spesso spostati da un luogo all’altro e sempre protetti dagli albanesi. Non vi è alcun caso noto di qualche tradimento di questa fiducia, nessun caso conosciuto di qualche ebreo esposto, e nessun caso conosciuto di albanesi padroni di casa che chiesero compensi per il servizio offerto. Documenti e testimonianze varie presso il Museo Commemorativo dell’Olocausto a Washington negli Stati Uniti d’America, dove si trovano elencati i nomi di 2264 ebrei salvati dagli albanesi, attestano questi fatti. Così, nella lista ufficiale presente nel Museo dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme si trovano elencati i nomi di 63 albanesi che salvarono i profughi ebrei prima e durante la seconda guerra mondiale. In questa lista non sono incluse le testimonianze successive perché non ancora archiviate, compresi i casi di quegli ebrei che furono equipaggiati con passaporti e nomi albanesi falsi e che utilizzavano l’Albania come Paese di transito per salvarsi dalle persecuzioni degli nazi-fascisti e di conseguenza dalla sicura morte. Mentre lo Yad Vashem ha designato una trentina di famiglie albanesi (63 persone) nei Giusti tra le Nazioni, Gershman dopo cinque anni di costante lavoro, ha trovato le prove di oltre 150 famiglie che hanno protetto gli ebrei durante l’occupazione nazista, e molti altri resoconti che hanno bisogno di essere avvalorati.
Uno degli aspetti importanti di questa storia che merita di essere sottolineato è il fatto che in Albania non sono mai state approvate leggi antisemite, non sono mai stati costruiti campi di concentramento e non ci sono mai state vittime dell’Olocausto, e questo lodevole modo di comportamento è da attribuirsi a tutti gli albanesi che tramite questo grande atto di generosità nei confronti degli ebrei, rischiarono non poco la loro vita e quella dei loro familiari.